Il Museo Diocesano di Mantova si trova nel chiostro principale dell'ex monastero agostiniano di Sant'Agnese, un edificio ricco di storia. Ha origine dal beato mantovano Giovanni Bono (1168-1249), fondatore di un ordine religioso poi confluito nell'ordine agostiniano. Nel XIV secolo, i suoi seguaci fondarono il monastero di Sant'Agnese a Mantova, tra la civitas vetus e un'insenatura del Lago di Mezzo, con una chiesa ricca di opere d'arte, un ampio chiostro e edifici annessi. Il monastero godeva di un tale prestigio che in entrambe le sue visite a Mantova (1530 e 1532) l'imperatore Carlo V ospitò l'abate, che gli conferì il titolo di conte, trasmissibile ai suoi successori, insieme a varie facoltà, tra cui quella di conferire lauree: in un certo senso, qui nacque il primo germe della futura università.
Dopo le soppressioni settecentesche di tutti i monasteri e conventi, quello di Sant’Agnese, demolita la chiesa, fu destinato a usi civili, progressivamente degradandosi; riscattato dalla diocesi alla metà del Novecento, dopo i restauri fu adibito a servizi per la scuola, col nome di “Casa dello studente Beato Contardo Ferrini”; successivamente divenne sede di organismi diocesani e del primo nucleo del museo. Al museo è ora destinato l’intero edificio.
Nel contesto urbano esso si colloca a poche decine di metri dalla Cattedrale e dal Palazzo Ducale: scendendo di qui lungo la via Cairoli si perviene presto alla piazza Virgiliana, creata a fine Settecento interrando l’antica insenatura. La piazza, tenuta a giardino, accoglie un solenne monumento al poeta mantovano che fu il maggiore della latinità, ed è attorniata da pregevoli edifici neoclassici; di questo stile è anche la facciata del museo, realizzata da Paolo Pozzo nel 1795.
Nell’anno 1974 si tenne, nel Palazzo Ducale di Mantova, una mostra dal titolo “Tesori d’arte nella terra dei Gonzaga”, che presentò una serie di capolavori sino allora pressoché sconosciuti, in larga misura provenienti dalle chiese della diocesi. Il successo della mostra indusse il suo ideatore, monsignor Luigi Bosio, a progettare un’esposizione permanente di tali opere, riunite in un apposito museo. Il “Museo Diocesano d’arte sacra”, come allora fu chiamato, fu inaugurato nel 1983, raccogliendo manufatti di varia natura – dipinti, sculture, oreficerie, tessuti, libri miniati, ceramiche, avori e persino strumenti guerreschi – non più in uso dopo la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, o posti in siti non in grado di assicurarne la corretta conservazione. Dopo l’apertura, il primo nucleo degli oggetti esposti è andato rapidamente crescendo, anche per cospicue donazioni di privati, e in parallelo si è ampliato lo spazio ad essi destinato, sino a costituire un museo tra i maggiori non soltanto della città: a detta di numerosi esperti, la bellezza e la preziosità dei suoi tesori, alcuni dei quali senza pari al mondo, gli conferiscono una rilevanza internazionale. Il museo, dopo aver ottenuto il riconoscimento da parte della Regione Lombardia, ha inaugurato il 7 giugno 2008 il nuovo allestimento ed il ricupero della fronte neoclassica.
Il museo porta il nome di un esponente tra i più ragguardevoli della famiglia signorile che dominò sul territorio mantovano dal 1328 al 1707, il venerabile vescovo, frate Francesco Gonzaga. Egli nacque nel 1546 a Gazzuolo, di cui il padre Carlo deteneva la signoria; rimasto presto orfano, si trovava a Madrid, al seguito di Filippo II re di Spagna, quando maturò la decisione di farsi frate, entrando nell’ordine francescano dove mutò l’originario nome di Annibale in quello di Francesco. Stimatissimo dai confratelli, a soli 32 anni fu eletto ministro generale di tutto l’ordine, cui impresse un profondo rinnovamento secondo la lettera e lo spirito del Concilio di Trento.
Lo stesso rinnovamento portò in seguito nella diocesi di Cefalù, di cui divenne vescovo, e successivamente in quella di Mantova, che resse dal 1593 alla morte, nel 1620. Qui tra l’altro fondò il seminario per la formazione dei sacerdoti, riordinò le istituzioni di carità, fondò chiese e conventi, e completò la decorazione della cattedrale con un grandioso ciclo di affreschi, nuovi altari, arazzi e raffinate suppellettili. Altre si procurò a Parigi, dove fu mandato come nunzio pontificio per due anni e dove riuscì a riconciliare Francia e Spagna (pace di Vervins, 1598).
L’instancabile attività, la personale povertà (anche da vescovo continuò a vestire l’umile saio francescano) e le altre virtù di cui dette costante prova hanno indotto ad avviare il processo per la sua beatificazione, per ora giunto allo stadio che gli riconosce il titolo di Venerabile. Gli arazzi del duomo e pregevoli opere di oreficeria da lui volute sono oggi ammirabili al museo, per questo, e in genere per il suo amore per l’arte sacra, intitolato al suo nome.